Le nuove sfide per i Tribunali ecclesiastici dopo il Sinodo

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Dopo la XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi dello scorso ottobre, si tratta ora di verificare come gli esiti dell’assise sinodale verranno in concreto sviluppati e vissuti nella Chiesa. Per quanto riguarda più in particolare la discussione su quelle che, in ambito familiare, sono definite “situazioni irregolari” che coinvolgono divorziati e risposati, grande importanza riveste certamente la riforma delle procedure per la dichiarazione di nullità matrimoniale voluta da Papa Francesco con il Motu proprio Mitis iudex del 15 agosto 2015, pubblicato il successivo 8 settembre (ed il contestuale Motu proprio Mitis et misericors per le Chiese orientali).

La riforma del Pontefice, come noto, riprende un’indicazione venuta dal Sinodo del 2014 (III Assemblea generale straordinaria), sul tema “Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. La Relazione finale del 2014 conteneva infatti specifiche determinazioni in questo senso che vale la pena di riportare:

48. Un grande numero dei Padri ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili, possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità. Tra le proposte sono stati indicati: il superamento della necessità della doppia sentenza conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria. Alcuni Padri tuttavia si dicono contrari a queste proposte perché non garantirebbero un giudizio affidabile. Va ribadito che in tutti questi casi si tratta dell’accertamento della verità sulla validità del vincolo. Secondo altre proposte, andrebbe poi considerata la possibilità di dare rilevanza al ruolo della fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del matrimonio, tenendo fermo che tra battezzati tutti i matrimoni validi sono sacramento.

49. Circa le cause matrimoniali lo snellimento della procedura, richiesto da molti, oltre alla preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige di sottolineare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe incaricare dei consulenti debitamente preparati che possano gratuitamente consigliare le parti sulla validità del loro matrimonio. Tale funzione può essere svolta da un ufficio o persone qualificate (cfr. Dignitas Connubii, art. 113, 1).

Di fronte alle possibile scelte lasciate aperte dal Sinodo del 2014, la riforma del Mitis iudex ha preso effettivamente una direzione verso l’abolizione della necessità della doppia sentenza conforme e una maggiore responsabilità del Vescovo che, nel nuovo procesus brevior, diventa lui stesso giudice della causa di nullità. Tutto ciò, ribadendo fortemente il carattere indissolubile del vincolo matrimoniale e la natura giudiziale e non amministrativa della decisione di nullità.

Da un punto di vista cronologico, la riforma delle procedure canoniche di nullità è intervenuta dopo il Sinodo 2014 e subito prima dell’Assise sinodale del 2015.

Anche il Sinodo 2015 quindi, in continuità con il precedente, ha avuto al centro del suo dibattito la famiglia e ha ripreso anche il tema delle nuove procedure giudiziali di dichiarazione di nullità frattanto intervenute.

La relazione finale dei Vescovi indirizzata al Papa è stata pubblicata su L’Osservatore Romano del 26 ottobre 2015. In essa un singolo punto (il n. 82) è dedicato a questo argomento.

82. Per tanti fedeli che hanno vissuto un’esperienza matrimoniale infelice, la verifica dell’invalidità del matrimonio rappresenta una via da percorrere. I recenti Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus e Mitis et Misericors Iesus hanno condotto ad una semplificazione delle procedure per la eventuale dichiarazione di nullità matrimoniale. Con questi testi, il Santo Padre ha voluto anche «rendere evidente che il Vescovo stesso nella sua Chiesa, di cui è costituito pastore e capo, è per ciò stesso giudice tra i fedeli a lui affidati» (MI, preambolo, III). L’attuazione di questi documenti costituisce dunque una grande responsabilità per gli Ordinari diocesani, chiamati a giudicare loro stessi alcune cause e, in ogni modo, ad assicurare un accesso più facile dei fedeli alla giustizia. Ciò implica la preparazione di un personale sufficiente, composto di chierici e laici, che si consacri in modo prioritario a questo servizio ecclesiale. Sarà pertanto necessario mettere a disposizione delle persone separate o delle coppie in crisi, un servizio d’informazione, di consiglio e di mediazione, legato alla pastorale familiare, che potrà pure accogliere le persone in vista dell’indagine preliminare al processo matrimoniale (cfr. MI, Art. 2-3).

Si tratterà ora di verificare come la riforma (che entra in vigore l’8 dicembre) sarà vissuta in concreto e assimilata nelle diverse situazione in cui operano i tribunali della Chiesa, in particolare per quanto riguarda il ruolo che assumeranno i Vescovi quali giudici nel nuovo processus brevior.

Non a caso l’argomento, di grande attualità e dai molteplici e importanti risvolti concreti per la vita e il funzionamento dei tribunali ecclesiastici, è in questi giorni al centro di approfondimenti e convegni, organizzati dal modo accademico e dagli operatori.

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