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Il "popolo di Dio" nel Codice di diritto canonico: uno sguardo ecumenico

    

 

Il secondo libro del Codice di diritto canonico del 1983 (CIC) che porta l’eloquente titolo “Il popolo di Dio” inizia con un canone davvero stupendo che merita una riflessione approfondita per la sua portata ecumenica.

can. 204: I fedeli sono coloro che essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti po­polo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo.

Il primo punto da sottolineare riguarda il battesimo non solo in quanto principio fondante del popolo di Dio, ma anche come atto che pone la persona sotto la tutela del diritto canonico. Il battesimo incorpora il fedele in una chiesa locale, particolare o confessionale e, nello stesso tempo, in seno alla Chiesa universale, intesa come corpo di Cristo: è il sacramento ecumenico.

Un documento del consiglio ecumenico delle chiese che è uscito nell’anno precedente alla pubblicazione del CIC lo spiega in queste parole: “Nostro battesimo comune che ci unisce a Cristo nella fede è un legame fondamentale di unità. Siamo un popolo e siamo chiamati a confessare e a servire un solo Signore, in ogni luogo e nel mondo intero” [1] e si appoggia sulle parole di San Paolo: “Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti.” (Ef 4, 4-7).

Segno concreto dell’incorporazione intesa in questo modo è il fatto che una persona non viene ribattezzata quando si trasferisce in un’altra diocesi o quando aderisce ad un’altra confessione cristiana. Ciò significa che la tutela del diritto canonico non si ferma ai soli membri della chiesa cattolica-romana, ma estende la sua validità a tutti i battezzati – una visione profondamente ecumenica. Nello stesso tempo il codice dimo­stra un profondo rispetto delle particolarità delle singole chiese, esentando i battezzati non-cattolici dalle leggi puramente ecclesiastiche (can. 11), cioè dalle leggi specifiche della chiesa cattolica-ro­mana. Una tutela giuridica che si assume la responsabilità anche dei cristiani delle altre confessioni senza chiedere concessioni dall’altra parte, che rispetta la loro diversità, integrandoli in una visione ecclesiologica di ampio respiro; un approccio degno di essere chiamato ‘evangelico’.

Questa linea ecclesiologica affonda le sue radici nella ecclesiologia delineata dalla costituzione dogmatica sulla Chiesa del concilio ecumenico Vaticano II “Lumen gentium” (LG). Da essa infatti proviene non solo il titolo del secondo libro del CIC “Il popolo di Dio”, ma ad essa si ispira anche la ristrutturazione dell’intero libro rispetto al Codice del 1917 (CIC 1917). Il rispettivo libro del CIC 1917 si intitolava “Le persone” ed era ordinato gerarchicamente dall’alto in basso, iniziando con i chierici e i religiosi per finire con pochi canoni sui fedeli laici. Era basato sull’idea della Chiesa come “societas perfecta” con una spiccata prevalenza dei chierici - una società di disuguali. Il con­cetto di disuguaglianza era così spiegato in una lettera di Leone XIII indirizzata al vescovo di Tours nel dicembre 1888:

“E’, in realtà, costante e manifesto che vi sono nella Chiesa due ordini ben distinti per la loro natura: i pastori e il gregge, cioè a dire i capi e il popolo. Il primo ordine ha per funzione di insegnare, di governare, di dirigere gli uomini nella vita, di imporre delle regole; l’altro ha per dovere di essere sottomesso ai primi, di obbedire loro, di eseguire i loro ordini e di rendergli onore" [2].

Il codice del 1983 ha una prospettiva molto diversa. Parte dalla considerazione della fondamentale comunione di tutti i fedeli nel popolo di Dio. Al suo interno tutti sono ugualmente chiamati alla santità e all’apostolato pur in una diversità nei modi e nelle forme. La gerarchia si struttura al suo interno ed è ordinata al servizio degli stessi fedeli. Conseguentemente la parte sulla costituzione gerarchica della Chiesa segue a quella sui fedeli. La visione della cattolicità, cioè dell’universalità del popolo di Dio delineata nella LG oltrepassa però quella che troviamo nel CIC.

“A questa cattolica unità del popolo di Dio che prefigura e promuove la pace universale, sono dunque chiamati tutti gli uomini; ad essa in vari modi appartengono, oppure ad essa sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli altri credenti in Cristo, e sia infine tutti gli uomini che la grazia di Dio chiama alla salvezza" [3].

Il concetto del popolo di Dio supera qui i limiti confessionali o sacramentali, dando in ultima ratio pieno diritto all’azione salvifica della grazia divina che sorpassa ogni costruzione o ragionamento umano. Visto il fatto che il diritto canonico si occupa delle realtà concrete, la sua prospettiva non può essere che limitata in questo senso perché fa riferimento al corpo visibile della Chiesa qui sulla terra.

Nella prospettiva della LG la Chiesa è innanzitutto comunione che si realizza a tre livelli e sotto tre diverse angolature: a livello dei fedeli cattolici, a livello dei cristiani in generale e a livello dell’umanità intera. Detta comunione può prendere una accezione di significato di tipo mistico, eu­caristico-sacramentale o ecclesiale. La prima si riferisce alla “comunione con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nello Spirito Santo" [4]. Questo è il significato con il più ampio fondamento biblico, sviluppato soprattutto a partire dagli scritti paolini e giovannei. La sorgente di questa comunione è il mistero di Dio, la comunione delle tre Persone divine in un’unica sostanza. In esso sono presenti l’unità e la molteplicità – una dimensione non può esistere senza l’altra. Questa comunione supera i limiti delle chiese particolari e delle confessioni cristiane per abbracciare tutti gli uomini di buona volontà, tutti coloro che cercano Dio con cuore sincero, come abbiamo visto sopra.

La seconda accezione si riferisce alla “comunione (che) si ha nella parola di Dio e nei sacramenti" [5], secondo la quale la comunione si realizza nella vita concreta della Chiesa, mediante l’incontro con la Parola di Dio e nei sacramenti. Centro di questa comunione è il banchetto eucari­stico. Ovviamente questo tipo di comunione comprende solo i fedeli cristiani in quanto riguarda la condivisione della parola di Dio e si restringe ulteriormente nella condivisione dei sacramenti.

La seconda e la terza accezione del termine comunione sono strettamente legate, perché l’eucaristia è il segno visivo e la fonte della comunione ecclesiale; tra comunione eucaristica e comunione ec­clesiale vi è reciproca immanenza. “La comunione del corpo eucaristico significa e produce, cioè edifica l’intima comunione di tutti i fedeli nel corpo di Cristo che è la Chiesa” [6]. Essa si realizza nell’adesione all’insegnamento degli apostoli e dei loro successori, nella solidarietà, nella carità e riguarda innanzitutto i fedeli cattolici.

Dalle due ultime accezioni risulta chiaramente che non è ancora realizzata la piena comunione tra tutti i fedeli e tutti gli uomini, come afferma anche il can. 205:

“Su questa terra sono nella piena comunione della Chiesa cattolica quei battezzati che sono congiunti con Cristo nella sua compagine visibile, ossia mediante i vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico.”

Da questo canone traspare però ugualmente che esiste una dimensione di comunione che oltrepassa i limiti della Chiesa terrestre come abbiamo visto sotto la forma della prima accezione, cioè la co­munione con Dio. C’è anche da sottolineare che non si escludono i non-cattolici dalla comunione, il nesso fondamentale che esiste tra tutti i fedeli non si pone in questione. Il codice specifica però tre vincoli: la professione di fede, i sacramenti e il governo della Chiesa. Attraverso di essi si costituisce la piena comunione con la chiesa cattolica-romana, nella quale la Chiesa universale, delineata in termini giuridici nel can. 204 attualmente sussiste [7],  Chiesa però che tende nel suo peregrinare su questa terra verso la piena comunione con tutti i fedeli e tutti gli uomini di buona volontà:

“Così la Chiesa prega e insieme lavora perché la pienezza del mondo intero sia trasformata in popolo di Dio, in corpo del Signore e in tempio dello Spirito Santo, e perché in Cristo capo siano resi onore e gloria al Creatore e Padre di tutti" [8].

 

Axel Bayer

Monaco camaldolense

OSB cam.

 

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[1] Consiglio ecumenico delle chiese, Fede e costituzione: Battesimo, eucaristia, ministero, Lima 1982, n. 6.

[2] Acta Sanctae Sedis XXI(1888), 322.

[3] Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium del Concilio Vaticano II (1964), n. 13.

[4] Sinodo dei vescovi, Ecclesia sub verbo Dei mysteria Christi celebrans pro salute mundi (7.12.1985), II, C1.

[5] Ibid.

[6] Ibid.

[7] Cf. CIC can 204, §2 e LG, n. 8.

[8] LG, n. 17.

 

 

 

 

   
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    Ultimo aggiornamento di questa pagina 13/04/2011

 

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