Corte di Cassazione, Sez. I Civile, sentenza 1 aprile 2015, n. 6611

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La massima: In tema di delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità di un matrimonio concordatario per difetto di consenso, le situazioni di vizio psichico assunte dal giudice ecclesiastico come comportanti inettitudine del soggetto, al momento della manifestazione del consenso, a contrarre il matrimonio non si discostano sostanzialmente dall’ipotesi d’invalidità contemplata dall’articolo 120 c.c., cosicchè è da escludere che il riconoscimento dell’efficacia di una tale sentenza trovi ostacolo in principi fondamentali dell’ordinamento italiano. Le Sezioni Unite hanno inoltre specificato i caratteri che deve assumere la convivenza coniugale, sotto il profilo della riconoscibilità dall’esterno – attraverso fatti e comportamenti che vi corrispondano in modo non equivoco –, nonchè della stabilità – individuando, sulla base di specifici riferimenti normativi (Legge n. 184 del 1983, articolo 6, commi 1 e 4) una durata minima di tre anni.

Nel caso di specie, invece, il legame coniugale era già dissolto – se non prima – certamente dopo un solo anno dalla celebrazione del matrimonio, cioè entro un arco temporale inferiore rispetto a quello individuato dalle Sezioni Unite ai fini della tutela del matrimonio-rapporto (cfr. Cass. SS.UU., sentenze nn. 16379 e 16380 del 17 luglio 2014). 

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Il testo della sentenza

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA CIVILE

ha pronunciato la seguente:

sentenza

(…)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 -La corte di appello di Lecce – Sez. dist. di Taranto, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato la domanda proposta da (…) nei confronti di (…), rimasta contumace, relativa al riconoscimento della sentenza emessa in data 20 settembre 2010 dal Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese, con la quale era stata dichiarata la nullità, per incapacità del predetto ad assumere gli oneri coniugali del matrimonio concordatario contratto in (…).

1.1 – La Corte territoriale, richiamata l’evoluzione della giurisprudenza di legittimita’ sul punto, ha osservato che doveva trovare applicazione il principio fondato sul favor per la validita’ del matrimonio, e quindi sulla necessita’ di privilegiare il matrimonio-rapporto rispetto all’atto, considerato che l’introduzione del libello in sede ecclesiastica era avvenuta oltre l’anno dalla celebrazione del matrimonio e che l’introduzione della causa petendi, poi accolta, era intervenuta, nel corso del giudizio, quando erano ormai trascorsi cinque anni dal matrimonio.

1.2 – E’ stato osservato che la rilevata incapacità ad sustinenda oneri matrimonii sarebbe assimilabile all’ipotesi di errore essenziale e che quindi si profilavano aspetti inerenti alla tutela della buona fede e dell’affidamento dell’altro coniuge.

Per la cassazione di tale decisione il (…) propone ricorso, affidato a quattro motivi. La parte intimata non svolge attivita’ difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo, deducendosi violazione e falsa applicazione della Legge n. 121 del 1985, articolo 8; dell’articolo 797 c.p.c. e degli articoli 120, 121 e 123 c.c., si sostiene che la decisione ecclesiastica, che si fondava sul vizio consistente nell’incapacità dell’uomo derivante da cause di natura psichica, non poteva ritenersi in contrasto con l’ordine pubblico italiano.

2.1 – Con il secondo mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’articolo 6 degli accordi di revisione del Concordato e dell’articolo 797 c.p.c.: la Corte territoriale, nel valorizzare la convivenza come causa ostativa alla delibazione, non avrebbe considerato che la coabitazione nella specie era durata soltanto sei mesi.

2.2 – Con la terza censura si deduce che la corte territoriale avrebbe illegittimamente, violando l’articolo 2 dell’Accordo, riesaminato nel merito le risultanze processuali del giudizio ecclesiastico.

2.3 – Con il quarto mezzo si sostiene che con la decisione impugnata si sarebbero violati i principi fondati sulla bilateralita’ dei rapporti, sull’eguaglianza religiosa e sul diritto di difesa, non essendo garantito al cittadino di religione cattolica di rispettare contemporaneamente le norme dell’ordinamento statale e del diritto canonico.

3 – Il primo motivo è fondato.

Deve invero richiamarsi il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di delibazione della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità di un matrimonio concordatario per difetto di consenso, le situazioni di vizio psichico assunte dal giudice ecclesiastico come comportanti inettitudine del soggetto, al momento della manifestazione del consenso, a contrarre il matrimonio non si discostano sostanzialmente dall’ipotesi d’invalidita’ contemplata dall’articolo 120 c.c., cosicchè è da escludere che il riconoscimento dell’efficacia di una tale sentenza trovi ostacolo in principi fondamentali dell’ordinamento italiano. In particolare, tale contrasto non è ravvisabile sotto il profilo del difetto di tutela dell’affidamento della controparte, poichè, mentre in tema di contratti la disciplina generale dell’incapacità naturale da rilievo alla buona o malafede dell’altra parte, tale aspetto è ignorato nella disciplina dell’incapacità naturale, quale causa d’invalidità del matrimonio, essendo in tal caso preminente l’esigenza di rimuovere il vincolo coniugale inficiato da vizio psichico (Cass., 8 luglio 2009, n. 16051; 20 gennaio 2011, n. 1262).

3.1 – Parimenti fondata è la seconda censura.

Il contrasto relativo all’esistenza di un limite di ordine pubblico alla declaratoria di efficacia delle sentenze emesse dai tribunali ecclesiastici in merito alla nullità, secondo l’ordinamento canonico, dei matrimoni celebrati con il rito c.d. concordatario, limite costituito dalla necessità di tutela del c.d. “matrimonio-rapporto”, connotato da una congrua convivenza matrimoniale, è stato risolto dalle Sezioni unite di questa Corte con le decisioni nn. 16379 e 16380 del 17 luglio 2014, con le quali si è in primo luogo osservato che il “matrimonio-rapporto”, al quale va ricondotta la situazione giuridica “convivenza fra i coniugi” o “come coniugi”, trova un solido fondamento “nella Costituzione, nelle Carte Europee dei diritti e nella legislazione italiana”, in maniera tale da costituire la rappresentazione “di molteplici aspetti e dimensioni dello svolgimento della vita matrimoniale, che si traducono, sul piano rilevante per il diritto, in diritti, doveri, responsabilità”.

In tale quadro la convivenza fra i coniugi costituisce elemento essenziale, che lo connota “in maniera determinante”; anche alla luce di significativi interventi della Corte costituzionale, della Corte EDU e della Corte di giustizia UE’, il complesso dei diritti, dei doveri, delle aspettative correlati, in maniera autonoma, al rapporto matrimoniale rappresentano una situazione giuridica che, “in quanto regolata da disposizioni costituzionali, convenzionali ed ordinarie, è perciò tutelata da norme di ordine pubblico italiano, secondo il disposto di cui all’articolo 797 c.p.c., comma 1, n. 7″.

3.2 – Le Sezioni unite hanno altresi’ specificato i caratteri che deve assumere, per i fini che qui interessano, la convivenza coniugale, sotto il profilo della riconoscibilità dall’esterno – attraverso fatti e comportamenti che vi corrispondano in modo non equivoco -, nonche’ della stabilità – individuando, sulla base di specifici riferimenti normativi (Legge n. 184 del 1983, articolo 6, commi 1 e 4) una durata minima di tre anni.

3.3 – E’ stato poi rilevato che il suddetto limite di ordine pubblico opera in presenza di qualsiasi vizio genetico posto a fondamento della decisione ecclesiastica di nullita’ e che la convivenza triennale “come coniugi”, quale situazione giuridica di ordine pubblico ostativa alla delibazione della sentenza canonica di nullità del matrimonio, essendo caratterizzata da una complessita’ fattuale strettamente connessa all’esercizio di diritti, adempimento di doveri e assunzione di responsabilita’ di natura personalissima, è oggetto di un’eccezione in senso stretto, non rilevabile d’ufficio, nè opponibile dal coniuge, per la prima volta, nel giudizio di legittimità.

3.4 – Si è quindi ulteriormente precisato, distinguendo opportunamente le ipotesi, che detto limite non può operare in presenza di domanda di delibazione presentata congiuntamente dalla parti e che, nel caso di domanda proposta da uno solo dei coniugi, “l’altro – che intenda opporsi alla domanda, eccependo il limite d’ordine pubblico costituito dalla “convivenza coniugale” .. – ha l’onere, a pena di decadenza, ai sensi dell’articolo 167 c.p.c., commi 1 e 2 (si veda l’articolo 343 c.p.c., comma 1): 1) di sollevare tale eccezione nella comparsa di risposta; 2) di allegare i fatti specifici e gli specifici comportamenti dei coniugi, successivi alla celebrazione del matrimonio, sui quali l’eccezione medesima si fonda, anche mediante la puntuale indicazione di atti del processo canonico e di pertinenti elementi che già emergano dalla sentenza delibanda; 3) di dedurre i mezzi di prova, anche presuntiva, idonei a dimostrare la sussistenza di detta “convivenza coniugale”, restando ovviamente salvi i diritti di prova della controparte ed i poteri di controllo del giudice della delibazione quanto alla rilevanza ed alla ammissibilita’ dei mezzi di prova”.

4 – Nella decisione in esame l’aspetto inerente alla convivenza fra i coniugi, che la corte territoriale, in relazione alla contumacia della convenuta, non avrebbe potuto rilevare d’ufficio, nella specie non assumeva significativo spessore, con riferimento all’esigenza di ordine pubblico di tutela del matrimonio-rapporto, ove si consideri che la Corte di appello utilizzata come termine di riferimento la convivenza “oltre l’anno” fino all’introduzione del libello in sede ecclesiastica della causa invalidante, “quando erano ormai trascorsi cinque anni dalla celebrazione del matrimonio e quattro dall’introduzione del giudizio ecclesiastico”. Dalle stessa sentenza in esame emerge, quindi, che il legame coniugale era già dissolto -se non prima – certamente dopo un solo anno dalla celebrazione del matrimonio, cioe’ entro un arco temporale inferiore rispetto a quello individuato dalle Sezioni unite di questa Corte ai fini della tutela del matrimonio-rapporto.

5 – Anche il terzo motivo è meritevole di accoglimento, infatti nel giudizio di delibazione della sentenza emessa dal giudice ecclesiastico, al giudice italiano non è consentito il riesame nel merito (Cass., 6 novembre 2013, n. 24967).

6 – Rimanendo assorbita ogni altra censura, la sentenza impugnata, in accoglimento dei primi tre motivi, deve essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Lecce che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra enunciati, provvedendo, altresì, in merito al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 29 ottobre 2014.

Depositato in Cancelleria il 1° aprile 2015.

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