Intervista al Card. Coccopalmerio ad un anno dalla pubblicazione del ‘Mitis iudex’

Cardinale

I Tribunali interdiocesani italiani sono dei buoni Tribunali, rispondono alle esigenze della riforma e soddisfano in modo semplice e rapido le istanze di giustizia dei fedeli. No all’istituzione di Tribunali diocesani quando non c’è personale adeguatamente preparato in sede locale: sarebbero vuoti simulacri. Il processo canonico è volto a constatare la nullità del matrimonio ove ci sia, non a pronunciarla ad ogni costo ritenendo di venire incontro ad una coppia in crisi e magari  evocando una malintesa ‘finalità pastorale’: si tradirebbe la natura profonda del processo matrimoniale che è sempre un giudizio pro rei veritate. La riforma prevede disposizioni volte a favorire non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi. Positivo il confronto nel Tavolo di lavoro convocato dalla CEI con il Pontificio consiglio per i testi legislativi, la Segnatura e la Rota. Anche nella riforma della Curia romana il diritto canonico deve conservare un ruolo importante.

Sono questi gli argomenti affrontati dal Card. Francesco Coccopalmerio, Presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, nell’intervista rilasciata a www.iuscanonicum.it. Il Cardinale, che è stato anche componente della Commissione pontificia per la riforma del processo canonico matrimoniale, parla sui temi di maggiore attualità, ad un anno dalla pubblicazione del Motu proprio ‘Mitis iudex’ che ha profondamente innovato le procedure canoniche per la dichiarazione della nullità matrimoniale.

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Eminenza, oggi è centrale la discussione sulla famiglia. Quale il rapporto tra questo tema affrontato dal Sinodo dei Vescovi, e la riforma del processo matrimoniale canonico voluta da Papa Francesco con il Motu proprio ‘Mitis iudex’?

Il Motu proprio ha una valenza – diciamo – ‘sinodale’. È, infatti, nato dalle istanze sui temi della famiglia emerse al Sinodo dei Vescovi, sia nell’assise straordinaria del 2014 che in quella dell’anno successivo. I Vescovi in modo unanime hanno sentito la necessità di un intervento per fare in modo che i fedeli potessero avvicinarsi con maggiore facilità alle strutture giudiziarie della Chiesa e ricevere una risposta in tempi più rapidi. La riforma del processo matrimoniale operata da Papa Francesco  rappresenta una risposta alle istanze espresse dai Vescovi: in questo senso dico che il Motu proprio ha una valenza ‘sinodale’.

Il Papa sottolinea spesso l’esigenza di una Chiesa ‘in uscita’, una maggiore vicinanza ai fedeli, soprattutto verso chi si trova in difficoltà. La prossimità nei confronti delle famiglie in crisi è un’altra indicazione che viene dalla riforma.

Avvicinare i fedeli alle strutture giudiziarie della Chiesa significa portare concretamente queste stesse strutture a un livello di maggiore prossimità. In questo senso, ogni diocesi potrebbe avere un proprio Tribunale per le cause matrimoniali e questo rappresenterebbe senz’altro il maggiore livello di prossimità. Ove tuttavia questo per vari motivi non fosse possibile, è comunque prevista dal Motu proprio anche la struttura dei Tribunali ecclesiastici interdiocesani (che in Italia è peraltro la struttura prevalente), che può ugualmente soddisfare in modo semplice e rapido le esigenze di giustizia dei fedeli. In questo senso, mi sento di affermare che i Tribunali interdiocesani italiani, in quanto sono dei buoni Tribunali, attuano senza dubbio quelle finalità di vicinanza e celerità volute dalla riforma. C’è comunque da sottolineare che se un Vescovo vuole costituire un proprio Tribunale a livello diocesano ha certamente tutta la libertà di farlo, anzi in qualche modo è anche esortato a farlo, ma questo deve essere un vero Tribunale, non un simulacro o una parvenza, come sarebbe nel caso in cui non ci fossero in diocesi personale adeguato e strutture idonee. La libertà del Vescovo di costituire il Tribunale è piena, ma nello stesso tempo è affiancata dal dovere altrettanto grave di strutturare un vero Tribunale, con le professionalità necessarie e con gli strumenti necessari. Per questo è importante che i Vescovi, nel valutare se istituire o meno i propri Tribunali diocesani, prendano in considerazione molto bene tutti i diversi aspetti che una tale scelta implica.

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Anche perché il Motu proprio ribadisce la natura giudiziale e non amministrativa del processo matrimoniale, per garantire l’accertamento della verità sul vincolo.

Non va mai dimenticato che la dichiarazione di nullità matrimoniale è un giudizio che deve basarsi sulla realtà, deve cioè esaminare e dichiarare se il matrimonio è nullo oppure no sulla base di quanto risulta dagli atti: non deve e non può in nessun modo essere un giudizio che costituisca esso stesso la nullità del matrimonio o che affermi una nullità ove questa non fosse reale. Non sarebbe corretto che un vescovo o un giudice, per venire incontro ad una coppia in crisi, facesse di tutto per dichiarare la nullità di un matrimonio che invece nullo non è, magari evocando una malintesa ‘finalità pastorale’ che porterebbe invece a tradire la natura profonda del processo matrimoniale che è sempre un giudizio pro rei veritate. La riforma prevede infatti delle disposizioni volte a favorire non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi.

Tribunali più vicini ai fedeli, ma anche rapidità delle sentenze: in questo senso la riforma prevede l’abolizione della necessità di doppia conforme e l’istituzione del nuovo processus brevior

Si tratta di punti importanti del Motu proprio che incidono direttamente sul processo matrimoniale proprio in quella direzione di semplificazione e celerità di cui parlavamo. Sull’abolizione della doppia conforme il Pontificio consiglio non ha dati diretti, bisognerebbe sentire gli operatori dei Tribunali per vedere in concreto gli esiti di questa novità e verificare meglio la situazione. Per quanto riguarda il processus brevior ci sono diversi casi ormai sperimentati. Credo però che su questo la prassi debba ancora assestarsi e operare delle chiarificazioni: sarebbe auspicabile forse anche un nuovo intervento a livello normativo. Gli operatori e i Vicari giudiziali dei Tribunali italiani riuniti al Congresso dell’Associazione canonistica italiana a Udine si sono confrontati in modo approfondito sul punto e magari arriveranno anche al Pontificio consiglio nuove richieste di chiarificazioni in merito. Credo che però sarà soprattutto dalla prassi che emergeranno le indicazioni su come applicare anche questo aspetto importante della riforma.

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Come Presidente del Pontificio consiglio per i testi legislativi, insieme al Prefetto della Segnatura apostolica e al Decano della Rota, ha partecipato al Tavolo su questi temi promosso dalla CEI: cosa può dirci di questi lavori?

Abbiamo fatto una prima riunione di questo Tavolo, presieduto dal Segretario generale della Conferenza episcopale italiana, mons. Nunzio Galantino. C’è stata una discussione proficua: abbiamo affrontato alcuni temi legati all’applicazione della riforma del processo matrimoniale e della specifica situazione dei Tribunali ecclesiastici italiani e siamo arrivati a delle conclusioni unitarie. Il lavoro va avanti e immagino arriveranno quindi al Tavolo anche altre questioni. L’aspetto importante che mi sento di sottolineare è la felice intuizione di affrontare in modo unitario e congiunto, per quanto possibile, le questioni, con l’intervento contestuale della CEI, del Pontificio Consiglio per i testi legislativi e della Segnatura: in qualche occasione questo coordinamento era prima mancato.

 

Una conseguenza della riforma è stata quella di riportare il diritto canonico al centro del dibattito e dell’interesse dei Vescovi.

Senza dubbio l’attuale dibattito sul processo matrimoniale ha portato ad una maggiore attenzione al diritto canonico nella vita della Chiesa e alla riscoperta della sua importanza anche in una prospettiva pastorale. E’ chiaro infatti che non può esistere alcuna contrapposizione tra diritto e pastorale, perché la dimensione giuridica e quella pastorale sono inseparabilmente unite nella Chiesa. Per questo è importante che il diritto canonico sia maggiormente conosciuto e approfondito, non solo dagli specialisti (penso ai sacerdoti impegnati nelle curie e nelle parrocchie, ove i problemi giuridici da affrontare sono complessi), ma anche dai laici, il cui ruolo viene grandemente valorizzato dalla riforma nelle strutture pastorali di aiuto e sostegno alle famiglie in difficoltà: servono persone competenti per accompagnare i fedeli in una prima indagine sul loro matrimonio, per verificare se ci sono le condizioni per avviare una causa di nullità. Anche in questo vedo un segnale di grande vitalità della nostra materia e uno stimolo molto positivo che viene dalla recente riforma.

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Il diritto canonico resta importante anche nell’ottica della riforma della Curia romana avviata da Papa Francesco e su cui sta lavorando il Consiglio dei nove cardinali.

Certamente. Quali Dicasteri giuridici nell’ambito della Curia romana, operano anzitutto i tre Tribunali apostolici e poi evidentemente il Pontificio consiglio per i testi legislativi che sono chiamato a dirigere. Il Dicastero ha come suo ruolo specifico quello di promuovere il diritto canonico in vari modi. Innanzitutto nella proposta normativa al Papa. Questa funzione porta a monitorare costantemente la legislazione della Chiesa universale, nei due codici latino e orientale e nelle altre leggi, per verificare la presenza di lacune o obsolescenze, in modo da poter suggerire al legislatore, che è il Papa, l’opportunità di intervenire, emanando norme nuove o intervenendo per riformare norme ormai invecchiate. Riteniamo inoltre molto importante per il nostro Dicastero costituire una rete di contatti, di conoscenze e di dialogo tra le varie realtà che nel mondo si occupano di diritto canonico: il confronto delle diverse esperienze appare molto utile, anche perché ad esempio le buone soluzioni adottate in alcune situazioni possono essere replicate in altri contesti, anche geograficamente molto distanti. Per questo vorremmo costituire e rafforzare i legami e i contatti tra i canonisti nel mondo, anche attraverso il nostro sito internet.

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Foto di copertina di A. Zambon

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